Ieri, 2 Settembre 2021, esattamente dopo undici mesi dalla tua nascita hai trascorso le tue prime ore al nido.
Sei (È) stato pazzesco!
Già da qualche giorno, sentendo avvicinarsi questo momento, percepivo un morso allo stomaco sempre più forte. L’emozione/nervosismo tipico delle “prime volte”, che a dire il vero non mi sapevo spiegare e che giudicavo persino esagerato. Ma quando appena entrati, sei scivolato dalle mie braccia per andare a giocare e mescolarti agli altri bimbi, il mio cuore non ha retto e non mi vergogno a dire, che sono scoppiato in lacrime. È stata un’emozione davvero troppo strana. Un mix di felicità, paura, malinconia, entusiasmo. Tutto insieme, impossibile da isolare e contenere.
Ho sperimentato una prima, minuscola forma di distacco; quella consapevolezza di doverti lanciare verso il Mondo, con tutte le sue meraviglie ed insidie, perché è necessario, è giusto, è il tuo bene, il bene di tutti. Da sempre, per ogni uomo di questa terra.
Tutto questo è durato un attimo. Giusto il tempo necessario per vivere quell’istante infinito, intriso di significato e sentimenti contrastanti.
Poi ti ho visto sorridere, entusiasta di ciò che ti circondava. Eri sereno, a tuo agio, nel tuo mondo, felice!
Non ci hai cercato neanche un po’. Sei andato tranquillo e sorridente verso la Maestra ed i tuoi primi amichetti. Ed è stato meraviglioso vederti muovere così sicuro in questo contesto, per te (e per noi) così nuovo e stimolante.
Mentre ci allontanavamo per testare la tua reazione, mi hai sorriso come a volermi dire:”È tutto ok Papà, io sono felice!”.
In quel momento ogni minima traccia di malinconia è svanita, lasciando spazio all’immensa gioia che solo l’Amore è capace di donare. Così mi sono voltato, ho pensato alla poesia di Gibran e ti ho “lasciato andare” per ritrovarci poco dopo, stretti in un abbraccio ancor più forte di prima.
Ti amo piccolo mio, non sai quanto!
I vostri figli non sono figli vostri. . .
sono i figli e le figlie della forza stessa della Vita.
Nascono per mezzo di voi, ma non da voi.
Dimorano con voi, tuttavia non vi appartengono.
Potete dar loro il vostro amore, ma non le vostre idee.
Potete dare una casa al loro corpo, ma non alla loro anima, perché la loro anima abita la casa dell'avvenire che voi non potete visitare nemmeno nei vostri sogni.
Potete sforzarvi di tenere il loro passo, ma non pretendere di renderli simili a voi, perché la vita non torna indietro, né può fermarsi a ieri.
Voi siete l'arco dal quale, come frecce vive, i vostri figli sono lanciati in avanti.
L'Arciere mira al bersaglio sul sentiero dell'infinito e vi tiene tesi con tutto il suo vigore affinché le sue frecce possano andare veloci e lontane.
Lasciatevi tendere con gioia nelle mani dell'Arciere, poiché egli ama in egual misura e le frecce che volano e l'arco che rimane saldo.
Kahlil Gibran, da "Il Profeta"